Immagine di Antonio Bello

Antonio Bello, Vescovo
Francescano secolare

per tutti, don Tonino

SERVO DI DIO

Diciassette anni dopo quel ventoso pomeriggio d’aprile, Molfetta si raccoglie attorno a don Tonino Bello. Non ci sono le cinquantamila persone assiepate in un borgo che così nessuno l’aveva mai visto, ma circa 2500 fedeli. Molti sono davanti alla tv, e tante, troppe cose sono cambiate da allora.
Il popolo di don Tonino ha preso sì strade diverse, ma guarda ancora al pastore di Alessano come a una bussola. La cattedrale è gremita in ogni ordine di posto; ci si rivede in alcuni casi dopo diversi anni. Ricordi che trovano spazio nella navata e cominciano a farsi vividi, giusto prima che il solenne corteo varchi la soglia della chiesa dell’Assunta.
Per ultimo, mons. Angelo Amato, prefetto per la Congregazione della Cause dei Santi. È lui a presiedere la cerimonia che segna l’avvio del nuovo viaggio di Antonio Bello. Dal Cielo agli altari, sperano i presenti. Il prelato, molfettese, racconta di non aver «conosciuto il Servo di Dio personalmente», ma di averne appreso bontà e carisma. Narra due aneddoti, con toccante semplicità.
Si rivolge al tribunale ecclesiastico che di lì a poco s’insedierà. «Non è mio compito anticipare le conclusioni del vostro processo, né interferire col vostro lavoro» afferma. Per poi concludere: «Assicuro la mia preghiera per il felice esito delle vostre fatiche».
Otto in tutto coloro cui è stato dato il compito di valutare le virtù eroiche indispensabili per la santità, secondo il diritto canonico. Assieme alla consegna del silenzio. Racconti, testimonianze, impressioni da chiudere a doppia mandata e consegnare poi alla congregazione vaticana. Ottanta i testimoni da ascoltare, ma «potrebbero aggiungersene altri» come precisa il vescovo Luigi Martella.
È lui a porre il sigillo finale ai documenti che danno il via al processo di
canonizzazione. Se don Tonino sarà santo, lo sapremo solo al termine del cammino iniziato venerdì. Ma aver dato forma nella sua esperienza terrena al passo evangelico “gli ultimi saranno i primi” per molti è già un miracolo.

Da “Diocesi Molfetta”

 

Il 30 aprile scorso si è aperta nella Cattedrale di Molfetta la prima sessione pubblica del processo di canonizzazione del Servo di Dio Antonio Bello.
Dopo la celebrazione eucaristica si è insediato il Tribunale prestando giuramento nelle mani del vescovo mons. Luigi Martella.
Ciascun membro del Tribunale ha giurato  di adempiere fedelmente il suo incarico e di mantenere il segreto d'ufficio.
Migliaia i fedeli che hanno partecipato a questo a questo evento, la cattedrale gremita e coloro che non sono riusciti ad entrare hanno potuto seguire la celebrazione attraverso un maxischermo collocato all'esterno della stessa.
"Questo è un evento che sicuramente si inscriverà nella storia di questa comunità ecclesiale diocesana", così diceva mons. Martella.
Il vescovo Angelo Amato ha precisato: "una causa di beatificazione è anche la testimonianza di un coinvolgimento spirituale dei fedeli che, tramite la preghiera, si affidano all'intercessione del Servo di Dio, Antonio Bello per ottenere favori spirituali e temporali".
Mons. Antonio Bello è stato un vescovo dinamico e di una capacità comunicativa straordinaria.
Era attivo non solo nella sua diocesi, ma anche a livello nazionale, lasciando nelle persone e  nei luoghi della sua attività segni e attestati concreti e significativi della sua fama di santità.
La santità di don Tonino si è attestata sui pilastri dell'amore a Dio e l'amore per la Chiesa.

Egli concepiva la chiesa come chiesa del grembiule, cioè la gerarchia al servizio del popolo di Dio.
Fare comunione, scendere per strada e stare in mezzo alla gente tra problemi e debolezze.
Don Tonino deve aiutarci a trovare il modo giusto per presentare il messaggio di Cristo al mondo e noi popolo di Dio l'abbiamo capito e accettato con quel lungo e fragoroso applauso alla fine della celebrazione.
Mi commuove pensare di aver conosciuto quest'uomo, questo vescovo tanto grande da essere in odore di santità.
Nel 1994 i francescani secolari della diocesi di Molfetta, Terlizzi, Ruvo e Giovinazzo ebbero l'idea geniale di vivere insieme la festa delle Stimmate e di affidare la celebrazione eucaristica al Vescovo come Francesco affidò la Regola all'approvazione del Papa.
Don Tonino celebrò nella basilica della Madonna dei Martiri e nei confronti dei francescani si rivelò un padre spingendoci a vivere un cristianesimo  evangelico sempre più autentico e aderente all'insegnamento di San Francesco.
Ancora: la domenica di Pasqua puntualmente celebrava la prima messa nella chiesa del SS. Crocifisso di Molfetta, con la sua presenza ci ripagava il piccolo debito che aveva con noi perché qualche anno prima, in ossequi alle regole liturgiche, aveva impedito la celebrazione del triduo pasquale in nella nostra chiesa perché era, ed è tuttora, una rettoria.
Ci diceva che è bello che il popolo di Dio viva insieme il triduo Pasquale, e noi francescani, proprio in questi tempi forti, non potevamo viverli da soli.
Con gioia ascoltavamo la sua parola, godendo della sua persona libera dagli affanni umani, con un cuore, il cuore di Gesù, per trascinare gli uomini in un vortice di amore, di bontà, di misericordia, di tenerezza.
Il suo messaggio ha segnato il cammino di molti uomini che l'hanno conosciuto personalmente o anche attraverso i suoi scritti.
Grazie o Dio, d'averci donato questo grande uomo!

Carmela Gadaleta

 

 
E’ impossibile descrivere in poche righe ciò che Sua Eccellenza Mons. Antonio Bello, per tutti don Tonino, ha rappresentato per la Chiesa e per tutti coloro che vivono ai margini di una società troppo spesso disattenta ai reali e penosi problemi della “gente comune”.
Nato ad Alessano in provincia di Lecce nel 1935, fu ordinato sacerdote nel 1957 a soli 22 anni.
Nel 1982 divenne vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi.
Nonostante l’alto incarico ecclesiale, Don Tonino era affabile e disponibile con chiunque bussava alla sua porta per chiedere una parola di conforto, un aiuto materiale, un momento di ristoro per l’anima. Ogni singola situazione veniva presa a cuore, affrontata con determinazione.
A chi gli chiedeva che cosa lo affliggesse di più, Don Tonino rispondeva: “Mi fa soffrire molto l'impossibilità di giungere a dare una mano a tutti. Ho un'agenda sovraccarica di persone che chiedono una visita, un sostegno, un appuntamento, del denaro, una soluzione ai loro problemi... Si vorrebbe avere occhi e mani per ognuno, ma non si riesce, e questo è il rammarico più grande”.
Una frase che risuonava spesso sulle labbra di Don Tonino era: “Coraggio, non temere”.
In uno suo scritto intitolato “Le mie notti insonni”, Don Tonino elenca una serie piuttosto lunga di paure che contaminano l’uomo moderno, minando anche il suo rapporto con Dio.

Forse anche per la sintonia con la spiritualità francescana (faceva parte dell'Ordine Francescano Secolare) Don Tonino amava lasciarsi guidare dal Vangelo "sine glossa", senza sconti sulla verità né diluizioni o prudenze carnali. Non a caso si definiva “Un buono a nulla. Ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona a Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno”.
Don Tonino era anche un vero innamorato dell’Immacolata e, in molti suoi scritti, questo amore diventava una continua dichiarazione d’amore nei confronti della Mamma Celeste.
Dal 22 al 29 luglio 1991, predicò un Corso di Esercizi Spirituali in occasione del 40° Pellegrinaggio della Lega Sacerdotale Mariana a Lourdes da cui venne tratto lo stupendo volume “Cirenei della gioia”. Condivise con i sacerdoti malati quel momento in cui il cuore umano si affida senza riserve alla grazia di Dio, chiedendo l’intercessione della Vergine Santa, offrendo al Signore la propria debolezza e precarietà terrena.
Don Tonino era abituato a prolungate soste davanti Tabernacolo, da cui traeva energia e ispirazione e molte delle lettere che spediva a coloro che, spesso addolorati e affranti si rivolgevano a lui, nascevano proprio nel cuore di una veglia notturna quando era a tu per tu con Dio.
Anche riguardo al tema della sofferenza, Don Tonino rimase sempre aderente allo spirito evangelico che ne sottende il senso.
Ma per Don Tonino, la sofferenza trova un senso vero solo se condivisa amorevolmente con Dio. Dice infatti: “C’è anche il caso, comunque, ed è molto frequente, che il dolore rafforzi l’intimità col Signore: il quale viene riscoperto non tanto come estremo rifugio di consolazione, ma come colui che "ben conosce il patire" e che sa solidarizzare fino in fondo con tutta la nostra esperienza”.
Parole profetiche. Colpito da un male inguaribile mantenne sempre fede ai suoi impegni di pastore d’anime con entusiasmo ma, soprattutto, con un’umanità davvero straordinaria, nonostante le sofferenze che lo tormentavano. La malattia di Don Tonino era una di quelle che non perdona, che produce dolori tremendi, che sfianca il corpo e debilita lo spirito.
La morte colse prematuramente Don Tonino il 20 aprile del 1993 a 58 anni.

da “Santi e Beati”

Intriso di spiritualità francescana Don Tonino ha attraversato la navata del mondo contemporaneo facendo della propria vita un'esperienza di servizio e di santità.
Campione del dialogo, costruttore infaticabile di pace, pastore mite e protettore dei poveri, degli immigrati e degli ultimi.
Profeta della speranza, infaticabile testimone dell'amore di Cristo nel tempo, cantore della bellezza nella molteplicità delle sue espressioni, nostro e indimenticabile poeta e profeta... dell'aurora...
Scrittore ispirato, per la freschezza e l'originalità dello stile, per la profondità del messaggio, per la forza del suo linguaggio, capace di parlare ai giovani, agli adulti, lontani o impegnati nella Chiesa, agli ultimi, a ciascuno, personalmente.
La sua scelta pastorale vissuta sull'opzione radicale per gli ultimi, il suo impegno per la promozione della pace, della non violenza, della giustizia e della solidarietà lo rendono ancora oggi, a distanza di 17 anni dalla sua morte, uno dei più audaci profeti dei nostri giorni.

Da “dontoninochanel”

HA DETTO

“Dio mio, purificami da queste scorie in cui naviga l’ anima mia, fammi più coerente, più costante. Annulla queste misture nauseanti di cui sono composto, perché ti piaccia in tutto, o mio Dio”.

“Io non risolvo il problema degli sfrattati ospitando famiglie in vescovado. Non spetta a me farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che alla gente deve indicare traiettorie nuove, insinuare qualche scrupolo come un sassolino nella scarpa”.

“Vedete, noi siamo qui , Probabilmente allineati su questa grande idea, quella della nonviolenza attiva. Noi qui siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà.Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati”.

« Possiamo concludere, allora, che il genere umano è chiamato a vivere, sulla terra, ciò che le tre persone divine vivono nel Cielo: la convivialità delle differenze! »

« Quando vi rivolgete a Maria nella vostra preghiera, chiedetele che vi dia anche tanta capacità di sogno, non chiedete solo cose terra terra. Chiediamo alla Vergine che ci dia le calde utopie che riscaldano il mondo. »

 



Andiamo fino a Betlemme,
come i pastori.
L'importante è muoversi.
E se invece di un Dio glorioso,
ci imbattiamo nella fragilità
di un bambino,
non ci venga il dubbio di aver
sbagliato il percorso.
Il volto spaurito degli oppressi,
la solitudine degli infelici,
l'amarezza di tutti gli
uomini della Terra,
sono il luogo dove Egli continua
a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura.